lunedì 1 dicembre 2008

Val Aupa: la valle dei maggiociondoli



(Diari di mont 3 - 20 luglio 2008) E' venuto il momento di fare un primo paragone tra il mondo degli escursionisti e alpinisti che frequentavano il rifugio vent'anni fa e quello che abbiamo potuto vedere in questo inizio di estate 2008.
Con piacere misto quasi a incredulità tutti e quattro noi del team del Grauzaria ci troviamo d’accordo nel dire che le cose sono cambiate decisamente in meglio!


La Cima dei Gjai dal Rifugio

Ospiti rispettosi

E' strano, perché di solito la memoria porta a mitizzare il passato e a far dimenticare in fretta i ricordi sgradevoli,eppure stavolta non è così. Inoltre i diari che ho tenuto puntigliosamente all’epoca mi consentono di rivivere nel dettaglio fatti e emozioni. Non conserviamo un bel ricordo della vecchia clientela del Rifugio, che era piuttosto insensibile dal punto di vista ecologico. Quasi ogni domenica sera, facendo il giro dello spiazzo attorno, ci capitava di trovare in giro immondizie e lattine vuote, talvolta addirittura nascoste – si fa per dire – sotto una pietra oppure su un vaso di fiori o nella legnaia. Ricordo che avevamo dei bei cartelli “educativi”, ma che il loro effetto era scarso. Nel nostro 2008 invece nulla di tutto questo si è mai verificato, non vengono mai lasciate immondizie in giro e solo raramente ci viene chiesto di buttare via qualche bottiglia di plastica o di vetro. Il monte Sernio dal Foran da la Gjaline

Anche i fumatori, dobbiamo dirlo, sono educatissimi, e non lasciano nemmeno cicche spente sul piazzale. Abbiamo avuto finora solo clienti – anzi ospiti – discreti ed educati, e nel complesso sensibili e poco pretenziosi. Quei pochi che ci chiedono il cappuccino e cui rispondiamo di avere solo il caffè fatto con la moka, quasi si scusano per la loro richiesta e si adattano immediatamente alla nuova situazione. Non era così negli anni Ottanta, quando nonostante la palese mancanza di energia elettrica al Rifugio, le richieste assurde come gelati, bibite ghiacciate e cappuccini con poca o tanta schiuma ci affliggevano in continuazione e ci davano un costante senso di inadeguatezza, forse a causa della nostra giovane età. Ma ormai niente di tutto questo, per fortuna. Una situazione quasi idilliaca quindi, di maggiore consapevolezza ecologica e rispetto per l'ambiente.


Donne in montagna

Per parlare del rovescio della medaglia, dobbiamo dire – in sintonia con un'osservazione fatta da tanti altri colleghi “rifugisti” - che ci sono pochissime persone che si fermano a pernottare e ancor meno sono quelli che si dedicano a forme impegnative di escursionismo, come traversate e alte vie. Ci sono anche pochi alpinisti a cimentarsi sulle vie di roccia di cui pure la Grauzaria abbonda: ma questa tendenza era visibile già alla fine degli anni Ottanta, quando la nostra montagna non era più tanto di moda, dopo essere stata per decenni la favorita degli arrampicatori udinesi proprio per la sua vicinanza alla pianura. Chissà che il caro-benzina non la riporti in auge!


I primi (e unici) ospiti-ciclisti al Rifugio

Quello che invece rappresenta un notevole cambiamento sono le frequentatrici femminili, in gruppo, in due ma sempre più spesso anche da sole, e io come donna non posso che rallegrarmene. Una novità assoluta per noi sono gli escursionisti in mountain-bike, anche se a dire il vero finora ci sono capitati solo quattro baldi giovanotti che, risaliti fino al crinale della foresta Forchiutta con la strada interpoderale di Zouf di Fau, sono capitati qui da noi scendendo per il sentiero dalla sella Foran del la Gjaline.


Sul Foran da la Gjaline

Si sono fatti una lauta mangiata e dopo aver acconsentito a farsi fotografare come primi ospiti-ciclisti, se ne sono scesi in volata lungo il sentiero sotto i nostri occhi attoniti, increduli e ammirati, affermando che sarebbero scesi a valle (500 metri di dislivello) in circa 15 minuti!

Genius loci

Ma al di là dei rapporti con turisti e alpinisti che salgono al rifugio, che sono curiosi di noi e per i quali noi costituiamo in certo qual modo un fulcro, in quanto il movimento viene da loro verso di noi, un rapporto ben più difficile e complesso, in cui siamo noi a doverci muovere, è quello con i moggesi e soprattutto con gli abitanti - quasi nostri “vicini di casa” - della val Aupa, cui è sempre andata la nostra massima attenzione. Ricordo ancora il giugno 1984: quando percorrevo in auto le prime volte la val Aupa tutta fiorita di maggiociondoli, mi accorgevo che molte persone, sulla strada, mi fissavano incuriosite distogliendosi per un attimo dalle loro occupazioni. Questo all’epoca mi metteva in grande imbarazzo facendomi sentire un po’ un’intrusa, anche se nel frattempo ho capito che succedeva perché di gente ne passava veramente poca, e gli abitanti della valle erano spesso in grado di capire dal rumore della macchina se si trattava di una persona nota o di un forestiero. Ora invece non si incontra quasi anima viva fuori di casa, e mi fa pensare che la valle si sia ulteriormente spopolata.



La Grauzaria da Chiaranda

La val Aupa da Moggio sale verso Nord fino alla sella di Cereschiatis (lo strano nome probabilmente deriva da cjariesâr, ciliegio), a m 1066, da dove si scende a Studena e poi a Pontebba. Non ci sono molti paesi: Pradis, Chiaranda, Grauzaria, Dordolla e Bevorchians, con le loro piccole borgate e case sparse e 200 anime in tutto. La valle ci ha sempre affascinato, i suoi abitanti schivi ed enigmatici ai nostri occhi sembravano concentrare l’essenzialità del genius loci che a noi– abitanti della pianura – sfuggiva.
Solo molti anni dopo la lettura dell’illuminante libro di Franco La Cecla “Mente locale” ci ha chiarito con acute considerazioni come le persone di un posto si rapportino a quel posto stesso, come l’abitare sia una conversazione ininterrotta tra la nostra presenza e quella dei luoghi. E citando il poeta americano Wallace Stevens ci ricorda che “l'anima è composta dal mondo esterno” e che “ci sono abitanti di una valle che sono quella valle”. Forse in modo confuso anche noi lo sentivamo.

Risalendo la valle

Guardando da Mueç (vorrei usare qui di seguito i nomi friulani, che mi sembrano più significativi) verso l’imbocco della valle, si vede solo la mole del Montusel (m 1362) sulla sinistra e sulla destra la mont di Masareit (m 1459), crestone roccioso che assomiglia alla pinna dorsale di una grande pesce e che separa la val Aupa dalla disabitata val Alba.


La mont di Masareit

In secondo piano torreggia la cima del Ciuc dal Bôr con il suo caratteristico cocuzzolo terminale. La Grauzaria si svela solo in un secondo momento, dopo Pradis e Cjarande (la siepe), ma allora si impossessa di tutto il quadro, rivestita di verde in basso e candida in alto, con un grande ghiaione al centro. Pradis, diviso in tre borgate, se ne sta sulle ultime propaggini del Masareit, Cjarande è un gruppo di case sparse lungo la strada. Dopo un ponte, una casa cantoniera e una fontana, detta l'aip dai cjavâi, con un’acqua molto buona; poco oltre la graziosa Maine dai pins.



La Maine dai pins

La strada, completamente rifatta dopo la disastrosa alluvione del 2003, ora è larga e scorrevole e invita talvolta a una velocità eccessiva, che impedisce di cogliere i particolari del paesaggio. L'acqua del torrente luccica al sole precipitando dalle briglie con delle brevi cascate. Dopo 5 km ecco sulla sinistra l’imbocco della strada per il paesino di Grauçarie, che vale assolutamente la pena di vedere per l'armoniosa disposizione delle case e gli orti lussureggianti.


Campetto di fagioli sulla riva del torrente

Ma ecco un bel campo di patate e di fagioli sulla riva del fiume. Luccicanti strisce di stagnola, legate sui raclis dei fagioli, si muovono nel vento e forse tengono lontano gli uccelli, ma certo rallegrano lo sguardo e parlano di chi ancora coltiva la terra. Guardano verso la strada anche le poche case dei Zais, accoccolate su uno speroncino pochi metri sopra la strada e raggiungibili solo a piedi con una scalinata. Chi ci abita deve solo portare una sedia fuori dalla porta di casa e, appoggiato alla balaustra, può godersi il passaggio come da un palco di teatro.


Dordolla la bella

Sulla sponda sinistra dell'Aupa spunta tra gli alberi il bianco campanile di Dordole, alta su uno sperone. E’ il paese più bello e più vivo della valle, ci sono una cinquantina di abitanti stabili con un discreto numero di giovani e di ragazzi.


Il bel sorriso di Lavinia, che gestisce il bar di Dordolla

Con le sue case strette le une accanto alle altre, i vicoletti e i portoni ad arco, una piazzetta con la fontana, ricorda vagamente Venezia, tanto che una voce popolare – non priva di esagerazione – afferma: “Venezia è bella e Dordolla è sua sorella”. Sulla piazza oltre alla chiesa si affacciano un bar con un piccolo spaccio di alimentari e un ex asilo dall'aspetto particolare.


L’ex asilo di Dordolla

Da qui la Grauzaria può apparire in modo inconsueto incorniciata dalle bandierine della festa del paese oppure da alte piante di fagioli fiorite di rosso.

La Grauzaria da Dordolla, incorniciata da mais e fagioli

A sua volta, per vedere bene Dordolla bisogna salire ai Fassòz, unico borgo che si trovi fisicamente proprio “dentro” alla Grauzaria. Ci si arriva dal ponte di Dordolla, con un sentierino che inizia proprio dietro al crocifisso in legno. Oltre Dordolla, la valle è più selvaggia e ancor meno popolata. Vale la pena di fermarsi al vecchio mulino sul rio Fontanaz, facilmente visibile anche dalla strada (riferimento una fermata dell’autobus). Dal greto del rio se ne può osservare la struttura, ma avvicinandosi alla costruzione e scostando la vegetazione esuberante, si potrà ammirare sulla porta una data lontana: il 1797. A 10 km da Moggio troviamo Bevorcjans (“la biforcazione”), che in realtà è costituito da tutta una serie di borghetti e case sparse: Gjalòz, gli Ors, Gjalizis, Culòs, Saps, Matanins. Poi, in un meraviglioso bosco, la strada sale a tornanti a Cerescjatis, la sella dei ciliegi selvatici.

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